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The Knick (episodi 1-2) - Recensione

17/10/2014 | Recensioni
The Knick (episodi 1-2) - Recensione

Presentato nella sezione Gala del Festival di Roma, The Knick è la nuova scommessa di Steven Soderbergh che, dopo aver annunciato il suo allontanamento dal mondo del cinema, ha realizzato questa serie televisiva che in Italia sarà trasmessa a partire dall’11 novembre sul canale Sky Atlantic.
Di questa prima serie è stato presentato questa mattina alla stampa un assaggio dei primi due episodi sui dieci totali finora realizzati.
Attualmente in programmazione sull’emittente via cavo statunitense Cinemax, The Knick si presenta come un mix di medical drama e period drama. La vicende si svolgono infatti in un nosocomio di New York, il Knickerbocker Hospital (noto semplicemente come ‘The Knick’), nel 1900. Protagonista della storia, il brillante chirurgo John Tackery (Cliwe Owen), vero pioniere di nuovi metodi nel campo della chirurgia in un’epoca caratterizzata da elevati tassi di mortalità e assenza di antibiotici. Tackery è un uomo appassionato del suo lavoro e dalle ricerche sul corpo umano ma nasconde una forte dipendenza dalla cocaina e dall’oppio.
Il primo episodio si apre in modo forte, con il suicidio del dottor J.M. Christensen, primario dell’ospedale e mentore di John, dopo un intervento finito tragicamente. Il consiglio di amministrazione affida proprio al Dr. Tackery la guida dell’ospedale, imponendogli come vice il promettente dottore afroamericano Algernon Edwards (André Holland) fortemente voluto da Cornelia Robertson (Juliet Rylance), figlia di uno dei benefattori del Knick e a capo dei servizi sociali. Ma l’arrivo di un collega nero in una squadra di medici bianchi rappresenta una rivoluzione per l’epoca e mette a dura prova il Dr. Edwards che, nonostante la sua ottima preparazione, fatica a farsi rispettare nell’ambiente.
Tra gli altri personaggi importanti che gravitano nell’ospedale, il giovane Dr. Bertie Chickering (Michael Angarano), il Dr. Everett Gallinger (Eric Johnson) il favorito del Dr. Tackery, e la giovane infermiera Lucy Elkins (Ewe Hewson).
Il microcosmo di The Knick è poi completato da figure contraddittorie dagli aspetti inquietanti come un corrotto amministratore, un laido autista d’ambulanza, una suora che gestisce l’orfanatrofio dell’ospedale con metodi e procedure talvolta discutibili.
L’illecito la fa da padrone nella strutture sanitarie, sembra suggerire Soderbergh, ieri come oggi, e così ispettori sanitari fanno affari poco puliti con ditte chiamate a portare l’elettricità nei diversi reparti, e i portantini prendono denaro in nero pur di accaparrarsi i malati da portare nell’ospedale. Ma la sanità, come è noto, è specchio di un’intera società e il regista, coadiuvato da Jack Amiel e Michael Begler, creatori nonché sceneggiatori di tutte le puntate, ha il grande merito di restituire un affresco potente di un’epoca cruciale per la medicina moderna. La sapiente mescolanza di contrasti nei personaggi, a cominciare dal protagonista Tackery, fa sì che la serie getti uno sguardo acuto e ‘chirurgicamente’ indagatore su un mondo che, solo in superficie, sembra così lontano dall’oggi.
Con questo suo nuovo lavoro, Soderbergh dimostra una volta di più che il mezzo televisivo è una grande risorsa per raccontare l’uomo e i suoi lati oscuri e ribadisce la grande potenzialità di quel filone mai in esaurimento delle serie di ambientazione ospedaliera che hanno fatto la storia della serialità televisiva (da General Hospital passando per ER, Grey’s Anatomy e Dr. House).
Ma The Knick aggiunge qualcosa di più, nella forma e nel contenuto, restituendo alla perfezione luci e ombre di un periodo storico affascinante e pieno di contrasti. Girando con mano ferma (mirabile la maniacale attenzione alle inquadrature dei dettagli anatomici durante gli interventi chirurgici) e aiutato dalla perfetta ricostruzione d’ambiente di Howard Cummings e dai costumi di Ellen Mirojnick (entrambi vincitori di un Emmy per Behind the Candelabra), Soderbergh dà l’ennesima prova del suo grande talento nel portare su uno schermo (cinematografico o televisivo) i drammi vissuti da personaggi fortemente simbolici e ricchi di sfumature.    
La mano di un grande regista irrompe al Festival di Roma e il livello artistico della kermesse si alza inevitabilmente. Con buona pace delle piccole polemiche sui film del giorno inaugurale.

Elena Bartoni

 


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